lunedì 19 agosto 2013

Perché per pulirci le orecchie dobbiamo sporcare le spiagge?

Perché per pulirci le orecchie dobbiamo sporcare le spiagge?

da
http://pesanervi.diodati.org/pn/index.asp?a=51

Le spiagge trasformate in immondezzai a causa dell'incuria degli uomini e del lunghissimo ciclo di decomposizione dei nostri rifiuti.
Leggo e rileggo un libro che vorrei che tutti gli italiani leggessero (giuro, non ho nessuna percentuale né dall'editore né dall'autore). Il libro è Gaia. Viaggio nel cuore d'Italia del geologoMario Tozzi, edito da Rai Eri Rizzoli nel 2004. E' un viaggio alla scoperta del territorio italiano, che propone un modo più sensato e naturale di interagire con l'ambiente. Riporto di seguito alcune pagine dal libro di Tozzi (precisamente le pagine da 273 a 278), in cui l'autore fa un piccolo sommario dell'impatto ambientale di ciò che quotidianamente gettiamo via come immondizia. Se questa mia citazione servisse a far sì che chi legge non gettasse più da oggi in poi i bastoncini per la pulizia delle orecchie nella tazza del gabinetto, mi riterrei almeno in parte soddisfatto...

Tutto si trasforma

(...) nessun luogo al mondo è immune dall'immondizia degli uomini moderni. The Economist ha pubblicato di recente i risultati di una ricerca britannica che ha esaminato al proposito le isolette del territorio di Pitcairn, alcune deserte, altre con qualche decina di abitanti al massimo, a circa 9000 chilometri a oriente dell'Australia, in mezzo all'Oceano Pacifico. La piccola isola deserta di Ducie - circa 4 chilometri quadrati - ha restituito quasi un migliaio di oggetti, tra cui accendisigari, zerbini, insalatiere, soldatini, bottiglie, tubi e giocattoli in plastica, tappi di bottiglia, salvagente, barattoli di vetro e metallo, scarpe, guanti, flaconi di medicinali, pneumatici, corde; oltre a circa 300 oggetti di plastica di cui non è stato possibile identificare la funzione.
Ho condotto artigianalmente un'analoga ricerca su una delle spiagge più belle e più vaste del litorale laziale, quella di Sabaudia (in provincia di Latina) prendendo però in esame solo un fazzoletto di sabbia di 100 x 20 metri di lato, appena prima dell'estate e della canonica ripulitura stagionale. Del resto il paragone è con un'isola che non è mai stata ripulita. Ho trovato:
  • 2 boe di plastica scolorite (be', su una spiaggia...)
  • 23 bottiglie di plastica fra chiare e scure, spigolose o tondeggianti
  • 6 bottiglie di vetro trasparenti e verde scuro (senza messaggi)
  • 3 contenitori in polistirolo bianco (frammenti)
  • 2 pannolini quasi irriconoscibili (apparentemente già usati)
  • 11 barattoli di metallo tipo conserva
  • 6 vasetti in vetro senza coperchio
  • 33 buste di plastica di varia dimensione e struttura (specie con la scritta «non gettare nell'ambiente»)
  • 9 lattine di alluminio deformate, schiacciate e decolorate
  • 4 carte telefoniche sbiadite (ma intere)
  • 2 scarpe spaiate
  • 1 ciabatta rotta
  • 3 fermalattine
  • 1 guanto in tessuto non definibile
  • frammenti e pezzi di legno di varia foggia e natura
  • pagine di quotidiani e settimanali
  • corde e spaghi
  • fili di nylon
  • frammenti di reti da pesca
  • galleggianti rotti
  • noccioli di pesca, albicocca e oliva (di Gaeta, direi) lisciviati dal mare
  • innumerevoli cicche di sigaretta
  • altri rifiuti organici di varia natura.
[bastoncini per la pulizia delle orecchie]
Se proprio dovete usarli, almeno
non buttateli nella tazza del gabinetto.
Il ritrovamento più clamoroso e significativo però non ho potuto quantificarlo per via dell'impossibilità pratica di un conteggio neppure approssimato. Dove la spiaggia si trasforma in duna si riesce a osservare, in spaccato, la sabbia che e letteralmente crivellata di tubicini di plastica: decine, se non centinaia, di bastoncini nettaorecchie multicolori (ma soprattutto azzurri) accumulati da vecchie mareggiate che li hanno quasi fissati nelle lamine di sabbia. E persino il segno dell'alta marea, cioè il contorno ancora umido dell'onda, è contrappuntato da decine di bastoncini che ne ridisegnano l'andamento sinuoso. Il bastoncino nettaorecchie è il simbolo per eccellenza di una società usa e getta che non sa riciclare e che inquina: esistono in commercio analoghi bastoncini in amido di mais che sono completamente solubili in acqua e che restano invenduti, mentre si continua a gettare quelli di plastica negli scarichi, che poi lo riversano in mare senza che nessuno si preoccupi di recuperarli. Un bastoncino nettaorecchie resiste al sole, al mare e al vento ed è in grado di superare un oceano fluttuando come un tronco in miniatura, però immarcescibile, incorruttibile, tremendamente inquinante. Tutto questo per eliminare un po' di cerume: siamo sicuri che non ci siano altri metodi?
In mare un torsolo di mela si deteriora in un paio di mesi, ma a terra resiste fino a 6; un quotidiano o una rivista possono durare quasi un mese e mezzo in mare contro i 10mesi a terra. Una lattina di alluminio resiste per 1 o 2 secoli, mentre una sigaretta può reggere circa un anno in mare e 2 a terra; niente rispetto a una bottiglia di plastica, che dura mezzo millennio in mare e quasi il doppio a terra. Il massimo di sopravvivenza è però raggiunto dai contenitori di vetro che - in mare o sulla terra non fa differenza - hanno un tempo di residenza in pratica infinito, cioè non si deteriorano mai. Prima dell'uomo la Terra non aveva mai conosciuto un animale in grado di produrre oggetti che altri organismi non riescono a decomporre.
[...] continua

martedì 30 aprile 2013

Ok della Ue alla norma salva-api Stop di due anni ai pesticidi killer


Ok della Ue alla norma salva-api
Stop di due anni ai pesticidi killer


Schiaffo ai big dell'agrochimica come Bayer e Syngenta: Bruxelles, malgrado un voto non decisivo in Commissione, blocca per due anni l'uso di tre neonocotinoidi, rintenuti potenziali responsabili della morte di migliaia di alveari in tutta Europa. La "Api Spa" vale 29 miliardi di euro.

di ETTORE LIVINI
BRUXELLES - Gli alveari europei tirano un sospiro di sollievo. La Commissione Ue ha deciso infatti di bandire per due anni l'uso in agricoltura di una serie di neonicotinoidi, pesticidi che "secondo le ricerche della European food safety authority - ha sottolineato il Commissario alla salute Tonio Borg - pongono seri rischi per la vita delle api". Bruxelles, alla luce di queste ricerche, aveva proposto di eliminare del tutto l'uso di questi anti-parassitari prodotti soprattutto dalla tedesca Bayer e della svizzera Syngenta. A favore di questa iniziativa hanno votato 15 paesi, otto hanno detto "no" (tra cui l'Italia) e quattro si sono astenuti, mancando quindo l'obiettivo di una maggioranza qualificata per il bando totale. La Ue a questo punto ha deciso di fare da sè, procedendo per ora allo stop biennale dal primo dicembre in attesa di ulteriori deliberazioni. Il divieto riguarda l'utilizzo su girasole, mais, colza e grano.

L'industria chimica negli ultimi anni ha combattuto una battaglia a tutto campo contro il bando ai neonicotinoidi sottolinenando che una decisione di questo tipo avrebbe messo a rischio 50mila posti di lavoro e un'industria che vale da sola 17 miliardi di euro. Di parere opposto gli ambientalisti. I semi conciati con neonicotinoidi (antiparassitari potentissimi che non lasciano residui nel cibo) si sono rivelati infatti letali per le api. I poveri imenotteri che vengono in contatto con queste sostanze finiscono infatti spesso per morirea causa del cosiddetto "Coloni collapse disorder". L'Italia ne ha bandito l'uso nel 2008, rinnovandolo ogni anno e i risultati non sono mancati. Dalle 185 segnalazioni di morie d'alveari di quell'anno si è passati all tre del 2009 e allle 0 dei due anni successivi. Il "no" di ieri di Roma (che pochi mesi fa aveva votato a favore dello stop per due anni) è stato giustificato con la decisione della ue di impedirne l'uso in granuli sulle foglie di piante da frutto prima della fioritura. Limiti all'uso dei pesticidi erano già stati adottati anche in Germania e in Francia. 

La Ue qualche anno fa - visti i pareri discordanti - ha affidato uno studio specifico alla Efsa. L'agenzia ha valutato gli effetti cronici sulla vita dell'alveare e delle api, prendendo in considerazione il contatto delle api sia con le polveri contenenti tali sostanze rilasciate nel corso della semina, sia con le sostanze presenti nel polline o nel nettare delle piante trattate. Ad ognuna delle tre sostanze è stato associato un elevato rischio acuto nel momento in cui le api ci entri
ano a contatto. Una decisione basata anche su strette valutazioni economiche visto che l'oscuro lavoro delle api, tra impollinazione e produzione di miele, vale secondo Bruxelles un giro d'affari annuo di 29 miliardi. Senza i nostri preziosi amici alati, dice Albert Einstein "il genere umano avrebbe quattro anni di vita". Oggi, come minimo, ce ne siamo garantiti sei.





 
(29 aprile 2013)

mercoledì 24 aprile 2013

Ciclisti, pedoni, pendolari, associazioni: il 4 maggio 2013 a Milano per la Mobilità Nuova


Ciclisti, pedoni, pendolari, associazioni:
il 4 maggio a Milano per la Mobilità Nuova


Lo slogan è "l'Italia cambia strada". La manifestazione rilancia un anno di iniziative nate dai 20mila al Colosseo con #Salvaicicillisti la scorsa estate e chiede una legge per garantire un nuovo modo di spostarsi (compreso il treno) e preservare l'ambiente. Ben 160 le sigle che hanno aderito, da Legambiente alla Fiab fino a SlowFood, Touring e Libera

di MANUEL MASSIMO "Prossima fermata Milano Mobilità Nuova". Non si tratta dell'annuncio di una nuova stazione della metropolitana, ma della chiamata a raccolta per la manifestazione nazionale indetta dalla Rete della Mobilità Nuova: "pedali, pedoni e pendolari" s'incontreranno il 4 maggio alle 14.30 in piazza Duca d'Aosta a Milano (Stazione Centrale) per promuovere un nuovo modello di spostamento, incentrato sulle persone e non sulle auto, attraverso lo slogan "l'Italia cambia strada". All'iniziativa, lanciata in Rete nelle scorse settimane con diverse campagne sui social network, hanno aderito oltre 160 sigle di associazioni, ong, comitati e movimenti nazionali e locali.

Sono tante le realtà che hanno sposato la causa della Mobilità Nuova: l'associazione ecologista Legambiente, il movimento #salvaiciclisti, l'Uisp (Unione italiana sport per tutti), la Fiab (Federazione italiana amici della bicicletta); SlowFood, Coldiretti, Touring Club Italiano; l'associazione dei Mobility Manager Euromobility, il Ciufer (Comitato italiano utenti ferrovie nazionali) e numerosi comitati di pendolari dei treni regionali. Aderisce alla manifestazione del 4 maggio anche Libera (Associazioni, nomi e numeri contro le mafie).

Cambiare il modo di spostarsi è necessario per preservare l'ambiente, oltreché la salute dei cittadini e i conti pubblici, come spiegano gli organizzatori dell'iniziativa: "L'Italia ha ipotecato il futuro delle opere pubbliche e della mobilità approvando progetti per nuove autostrade e nuove linee ad alta velocità ferroviaria che costeranno complessivamente 130 miliardi di euro, offriranno ulteriori occasioni di business alla malapolitica e alla criminalità organizzata, sottrarranno al Paese territorio e bellezza spesso senza offrire un servizio migliore alla collettività".

Per chiedere concretamente alla politica di "cambiare strada", il 4 maggio a Milano partirà la raccolta di firme per presentare in Parlamento una legge di iniziativa popolare: per imporre un cambio di direzione nell'allocazione delle risorse pubbliche destinate ai trasporti. L'obiettivo dichiarato è quello di raggiungere un milione di adesioni. Attualmente, come riportano i dati di Legambiente, per soddisfare la domanda di mobilità del 2,8 per cento delle persone e delle merci (è questa la quota di spostamenti quotidiani superiori ai 50 chilometri, ndr) si impegna il 75 per cento dei fondi pubblici destinati alle infrastrutture del settore.

Lo Stato destina invece soltanto il restante 25 per cento agli interventi per le aree urbane e per il pendolarismo, dove si muove il 97,2 per cento della popolazione, puntando spesso sulla costruzione o l'ampliamento di nuove strade per le auto private senza incentivare il trasporto collettivo o quello non motorizzato. Il binomio "auto + alta velocità", insomma, secondo i promotori della Mobilità Nuova va ridimensionato a favore di un nuovo modo di spostarsi sulle strade: camminando (+ pedoni); andando in bici (+ pedali); utilizzando la rete del trasporto pubblico locale e della rete ferroviaria (+ pendolari); e, infine, ricorrendo solo in ultima analisi all'auto privata (da sostituire, dove possibile, da car sharing, car pooling e taxi).

Grazie a un accordo con le Ferrovie dello Stato, tutti coloro che vorranno partecipare alla manifestazione di sabato 4 maggio e arriveranno a Milano in treno avranno diritto a uno sconto del 40 per cento sul prezzo del biglietto. Le modalità con cui richiedere il codice sconto saranno disponibili nei prossimi giorni sul sito www.mobilitanuova.it nella sezione blog. Tutti in carrozza, si parte: "Prossima fermata Milano Mobilità Nuova".
(23 aprile 2013)

martedì 23 aprile 2013

Calo del traffico (e dei consumi) in Veneto il diesel sotto 1,5 euro


Calo del traffico (e dei consumi)
in Veneto il diesel sotto 1,5 euro

I distributori perdono il 13%, le «pompe bianche» solo il 7%. Scendono i prezzi, Benzina a 1,6 euro. Differenze anche di 15 cent tra un gestore e l’altro

http://corrieredelveneto.corriere.it/veneziamestre/notizie/cronaca/2013/23-aprile-2013/calo-traffico-consumi-veneto-diesel-sotto-15-euro-212801173830.shtml
VENEZIA — A marzo 2013 il prezzo medio del gasolio era di 1,694 euro al litro (secondo le statistiche del Ministero dello Sviluppo Economico). Tempo un mese e il prezzo è sceso ancora: circa 1,630 euro al litro. Stesso discorso per la benzina: a marzo 2013 il prezzo medio sul territorio è stato di circa 1,796 euro al litro; nel mese di aprile siamo arrivati a 1,742 euro. Cosa spiega questo andamento al ribasso, quando solo ad agosto dell’anno scorso in alcune regioni si era sfondata la quota «due euro al litro»? La ragione risiede negli andamenti del mercato internazionale: banalmente, con la crisi corrente la domanda di carburante si è contratta, provocando un surplus nell’offerta e dunque un abbassamento dei prezzi. Anche in Veneto, soprattutto in Veneto. Una spia sono i 13 milioni di veicoli in meno in circolazione sulle autostrade della regione l’anno scorso: si è tornati al traffico di dieci anni fa.
A livello regionale infatti, se si verificano i prezzi al distributore, scopriamo che l’offerta si fa interessante e parecchio al di sotto della media italiana, trattandosi di circa 15 centesimi in meno per litro: il prezzo più basso in assoluto lo propongono i distributori Sprea, Wolftank e Dall’Aglio, tutti nel Rodigino e allineati su 1,589 euro al litro per la benzina e 1,489 euro al litro per il gasolio. Si tratta delle cosiddette «pompe bianche», impianti che non sono affidati da una compagnia petrolifera a un gestore ma sono direttamente di proprietà di chi acquista la pompa. Allora, se il prezzo medio del carburante è sceso bruscamente nelle ultime due settimane in tutta la regione, c’è chi propone prezzi più convenienti di altri a seconda che sia un «No logo» oppure di proprietà di una compagnia. Non a caso, stando alle classifiche del sito «prezzibenzina.it» (che si alimenta delle segnalazioni degli automobilisti e non è sente da critiche), tra i primi dieci distributori di benzina più convenienti del Veneto nove sono indipendenti, mentre per quanto riguarda il gasolio, sono otto su dieci. I distributori indipendenti possono permettersi di offrire il carburante a prezzi così appetibili proprio perché non sono subordinati alle imposizioni delle compagnie petrolifere. I
l presidente del Gisc, il sindacato regionale benzinai che fa capo a Confcommercio Veneto, Moreno Parin conferma: «Se a livello nazionale si parla di un calo delle vendite di carburante intorno al 10%, a livello regionale i distributori di proprietà delle compagnie petrolifere perdono il 13% mentre le pompe bianche perdono il 7%: una bella differenza! Più concretamente, pensando ai consumatori, la differenza tra gli uni e gli altri è di circa 10, talvolta 15 centesimi al litro». La conseguenza diretta (e prevedibile) è che in un settore fortemente sofferente chi non vende «sotto una bandiera» è avvantaggiato e perde meno: un distributore in Veneto vende mediamente un milione e 700mila litri di carburante all’anno; una pompa bianca nell’arco di 365 giorni vende almeno tre volte tanto. Dalla parte dei gestori «sotto una bandiera », come li si è chiamati prima, un altro effetto è la chiusura degli impianti oppure il cambio di gestione. Quest’ultimo è un trend iniziato da circa cinque anni a questa parte e in continua crescita. Sempre secondo Parin però: «Su dieci cambi di gestione, nove e mezzo sono destinati al fallimento e ad essere seguiti da una nuova gestione». Elisabetta Vianello, presidente della Vega, la più importante tra le «No logo» venete, riconosce il momento difficile per i distributori ma è anche cosciente della marcia in più delle pompe bianche: «Fluttuazioni settimanali a parte, i prezzi degli indipendenti si collocano sempre nella fascia bassa. Inoltre abbiamo un’immagine più pulita rispetto alle grandi compagnie petrolifere. Mi aspetto un assestamento dei prezzi nelle prossime settimane, leggermente al rialzo». Vien da pensare se non sia il caso di affrettarsi a fare il pieno!

venerdì 12 aprile 2013

L'Etiopia e la rivoluzione verde di bambù A forte rischio di «land grabbing»

L'Etiopia e la rivoluzione verde di bambù
A forte rischio di «land grabbing»



Una risorsa sostenibile, ideale per aiutare lo sviluppo industriale e commerciale eco-compatibile


[...]
SFRUTTAMENTO DEL SUOLO - L’utilizzazione delle foreste di bambù rientra infatti nella delicata e drammatica questione dello sfruttamento del suolo – che anche nel caso delle canne può diventare insostenibile, come succede in alcuni Paesi asiatici - e potenzialmente del land grabbing. La crescente domanda globale di cibo e biocarburanti sprona la deforestazione selvaggia e le conseguenti emissioni che alimentano il cambiamento climatico. L’Unione europea «importa» 1.250.050 chilometri quadrati di terreno agricolo per i suoi fabbisogni.

LAND GRABBING
 - E alcuni Paesi ricchi e senza scrupoli acquistano e affittano a prezzi irrisori la terra di quelli poveri, che cedono il proprio suolo senza alcuna tutela ambientale e sociale in contropartita. Ma solo sfruttamento. L’Etiopia ha uno dei più alti tassi di deforestazione del continente, ma si sta impegnando a invertire la rotta: nell’ultima decade le foreste (che un tempo ricoprivano il 40% del Paese) sono passate dal tre al 7%. Ha inoltre proibito l’uso di legname per il carbone venduto al dettaglio come combustibile. I piccoli produttori locali, che per ora operano solo per un modesto mercato interno, ripongono le speranze nei nuovi piani governativi. E non solo loro.


http://www.corriere.it/scienze/13_aprile_12/etiopia-rivoluzione-bambu_7d1a0316-a2b4-11e2-b92e-cf915efd17c3.shtml

SVIZZERA: "Oggi noi ci possiamo permettere di comportarci in modo poco ecologico ...Portiamo il prezzo della benzina a 5 franchi (4€ circa) e le cose cambieranno"

SVIZZERA: presidente di Economiesuisse, la confindustria elvetica, Rudolph Wehrli"Oggi- sostiene Wehrli -noi ci possiamo permettere di comportarci in modo poco ecologico, perché è conveniente. Portiamo il prezzo della benzina a 5 franchi e le cose cambieranno"

http://www.repubblica.it/economia/2013/04/11/news/la_svizzera_contro_le_auto_benzina_a_4_euro_al_litro-56403073/

La Svizzera contro le auto
Benzina a 4 euro al litro

La proposta del presidente di Economiesuisse, la confindustria elvetica, Rudolph Wehrli punta a far diventare l'auto un bene di lusso. Il governo ha già portato il bollo per circolare in autostrada da 40 a 100 franchi l'anno (circa 80 euro)

di FRANCO ZANTONELLI
ZURIGO - "Il prezzo della benzina a 5 franchi, per indurre gli svizzeri a comportamenti più ecologici". Il che vuol dire 4 euro tondi, ovvero circa tre volte quello che costa oggi, sia che si parli di carburante senza piombo che di gasolio. La proposta, che nella Confederazione sta, già, suscitando un vespaio di polemiche, non viene da un acceso ambientalista, bensì dal presidente di Economiesuisse, la confindustria elvetica, Rudolph Wehrli. Secondo il quale, attualmente, in Svizzera, il costo della mobilità, pubblica e privata, è troppo basso. "Oggi- sostiene Wehrli -noi ci possiamo permettere di comportarci in modo poco ecologico, perché è conveniente. Portiamo il prezzo della benzina a 5 franchi e le cose cambieranno". La tesi del presidente dell'associazione degli industriali svizzeri è che "il traffico stradale deve essere in grado di pagare i propri costi". "Sembra che Wehrli si sia piegato alle logiche dei Verdi più estremisti", ha commentato Hans-Ulrich Bigler, direttore dell'Unione Svizzera delle Arti e Mestieri, l'associazione cui fanno capo le piccole e medie imprese elvetiche.

In realtà, con la sua proposta, il presidente di Economisuisse non è, per nulla, uscito di senno. Toni Gunziger, ingegnere elettronico e rinomato docente al Politecnico federale di Zurigo va, decisamente, più in là, sostenendo che "guidare un'auto dovrebbe essere un lusso assoluto" e che "il prezzo della benzina dovrebbe 
aggirarsi tra i 10 ed i 12 franchi". Sia le riflessioni di Gunziger che quelle di Wehrli vanno ricondotte al piano strategico per l'energia che, entro il prossimo anno, la Ministra delle Finanze, Eveline Widmer-Schlumpf, dovrà presentare ai propri colleghi di Governo, per rendere sostenibile l'uscita dal nucleare, decisa dalla Confederazione, a partire dal 2034. Già l'anno scorso, quindi in anticipo sul presidente di Economisuisse, la signora Widmer-Schlumpf, nell'ambito di una serie di misure, ritenute inevitabili, aveva preannunciato l'aumento del prezzo della benzina, fino a 5 franchi.

Nel frattempo il Governo ha, già, più che raddoppiato, portandolo da 40 a 100 franchi all'anno, quindi a 80 euro, il prezzo del contrassegno che si deve esporre sull'auto, se si viaggia in autostrada. Contemporaneamente, altro segnale che sta ad indicare una decisa tendenza a disincentivare il traffico motorizzato, la galleria autostradale del San Gottardo verrà chiusa per 5 anni, dal 2020 al 2025, per lavori di ristrutturazione, senza che la proposta di realizzare un tunnel alternativo, sia stata presa, seriamente, in considerazione. La Svizzera, insomma, nelle cui città sta avendo un grande successo il Car Sharing, dove si stanno costruendo quartieri pilota, con il minimo dei posteggi, per incentivare l'uso dei mezzi pubblici, sembra intenzionata ad affrancarsi, oltre che dalla dipendenza dal nucleare, anche da quella dall'auto. Il cui mercato, peraltro, è uno dei pochi che tira ancora, in Europa. Sicuramente sono gli ultimi fuochi. Come pure finiranno per esserlo le code, a Ponte Chiasso e dintorni, dei molti automobilisti italiani, abituati a fare il pieno a buon mercato, nelle stazioni di servizio svizzere.
(11 aprile 2013)


martedì 29 gennaio 2013

A volte le Buone notizie sono 'mascherate' da Cattive notizie.....


Gli italiani non fanno più il pieno
Il fisco rischia di rimetterci miliardi

Il prezzo per litro di benzina in Italia supera la media europea di 25,4 centesimi, di cui 23,1 centesimi sono dovuti a un maggior carico fiscale

Gli italiani consumano
meno benzina: -10,5% in un anno
Lo Stato rischia di veder sparire
circa 2,6 miliardi di tasse
SANDRA RICCIO
MILANO
I prezzi del carburante sono troppo alti per colpa delle accise e così lo Stato incassa molto meno dalla vendita di benzina e gasolio. Un boomerang che nel solo mese di dicembre è costato al Fisco quasi il 10% di entrate.  

Nei trenta giorni esaminati, il gettito relativo a questa particolare voce, è infatti rimasto indietro del 7,2%. Il calcolo dei soldi che mancano all’appello lo ha fatto il Centro Studi Promotor (Csp) che ha già lanciato l’allarme sull’intero 2013: di questo passo lo Stato rischia di veder sparire circa 2,6 miliardi di tasse. Basta che nei prossimi 12 mesi il trend prosegua sugli stessi livelli di dicembre. La colpa, sottolinea il Centro Studi, è del cosìddetto effetto Laffer, «cioè il calo del gettito a fronte di una tassazione eccessivamente elevata».  

Ma il portafogli degli automobilisti, si sa, è già parecchio bersagliato da balzelli vari e rincari continui. Solo nelle ultime settimane sono scattati aumenti in autostrada, aumenti delle multe e dell’Rc Auto. Già l’anno scorso molte famiglie avevano messo un freno alla spesa alla pompa. Dal bilancio dell’ultimo anno emerge infatti che i consumi di benzina e gasolio in Italia sono calati del 10,5%. Ma lasciare l’auto in garage non è bastato. Dai dati elaborati dal Csp risulta infatti che la spesa complessiva è salita a 67,4 miliardi con una crescita del 4,7% proprio per effetto delle tasse più alte.  

Dove sono andati questi soldi? L’Erario ha incassato 36,5 miliardi di euro (il 12,4% in più dell’anno prima) mentre i restanti 30,9 miliardi li ha intascati l’industria petrolifera e i distributori che però lamentano un calo di introiti del 3%. «Dunque l’Erario - sottolinea il Csp - finora è stato l’unico soggetto a trarre vantaggio dall’attuale situazione dei consumi e dei prezzi di benzina e gasolio. Per ora, infatti, l’effetto Laffer ha interessato solo il mese di dicembre e non ha quindi compromesso il bilancio dell’annata per l’Erario, ma potrebbe comprometterlo seriamente nel 2013».  

Il calo a dicembre delle entrate per lo Stato è «l’ennesima conferma di una nefasta gestione di tutto ciò che riguarda l’automotive adottata in particolare dall’ultimo Governo» rincara la dose Federauto, l’associazione che rappresenta i concessionari di autovetture. «Ai 2,6 miliardi che rischiano di mancare all’appello come conseguenza del calo del gettito dai carburanti, si aggiungono - precisa il presidente Filippo Pavan Bernacchi - i 3 miliardi di euro di mancati introiti per lo Stato nel 2012 (tra Iva e tasse varie) perché gli italiani non comprano più autoveicoli». 

Intanto il peso delle tasse si calcola al distributore. «Se consideriamo i dati al 1° dicembre per la benzina il prezzo italiano supera quello medio europeo di 25,4 centesimi. Questa differenza è dovuta per 23,1 centesimi a un maggior carico fiscale e per 2,3 centesimi a un maggior prezzo industriale. Per il gasolio il maggior prezzo alla pompa in Italia è di 26,3 centesimi, 24,4 centesimi di maggiori imposte, 1,9 centesimi di maggior prezzo industriale» spiega Promotor.

martedì 15 gennaio 2013

Troppe spese, Treviso spegne le luci Dalla Torre Civica alle mura, tutto al buio dalle 2. L'obiettivo è quello di risparmiare 150 mila euro all'anno


Troppe spese, Treviso spegne le luci

Dalla Torre Civica alle mura, tutto al buio dalle 2. L'obiettivo è quello di risparmiare 150 mila euro all'anno

TREVISO – Via la luce dalla Torre Civica, dalle mura, dalle sponde del Sile e dei rii del centro storico: il Comune di Treviso lancia una serie di interventi per ridurre la spesa dell'illuminazione pubblica. Il provvedimento più d'impatto sarà quello delle luci scenografiche che illuminano monumenti e attrazioni: attualmente rimangono accese tutta la notte, ma a breve si spegneranno alle due. Il tempo di qualche settimana, per far passare le pratiche negli uffici e poi il piano di diminuzione dei costi sarà operativo, con l'obiettivo di risparmiare fino a 150 mila euro l'anno su una spesa complessiva per le casse municipali di un milione e 205 mila euro.
Verranno parzialmente spente le lampade degli impianti nelle lottizzazioni non ancora edificate o nei parcheggi; gli impianti cittadini verranno configurati per accendersi dieci minuti più tardi e per essere spenti dieci minuti prima in inverno e venti minuti prima in estate (solo così si prevede di risparmiare 40 mila euro l'anno); continua l'installazione di riduttori di flusso, orologi astronomici e la sostituzione delle luci al mercurio con led.
E poi le luci scenografiche: il Comune calcola di risparmiare 16.100 euro l'anno togliendo l'illuminazione lì dove non ha utilità, ma valorizza i gioielli cittadini. «Sono tutti interventi sperimentali valutati in accordo con la polizia locale, se ci saranno problemi di ordine pubblico dovuti alla riduzione della luce ripristineremo il sistema precedente» sottolinea l'assessore ai lavori pubblici Giuseppe Basso. Per arrivare all'obiettivo dei 150 mila euro di risparmi il Comune dovrà investire 261 mila euro: nel giro di un paio d'anni l'amministrazione conta però di ammortizzare la spesa.


http://corrieredelveneto.corriere.it/treviso/notizie/cronaca/2013/14-gennaio-2013/troppe-spese-treviso-spegne-luci-2113543311853.shtml