lunedì 19 agosto 2013

Perché per pulirci le orecchie dobbiamo sporcare le spiagge?

Perché per pulirci le orecchie dobbiamo sporcare le spiagge?

da
http://pesanervi.diodati.org/pn/index.asp?a=51

Le spiagge trasformate in immondezzai a causa dell'incuria degli uomini e del lunghissimo ciclo di decomposizione dei nostri rifiuti.
Leggo e rileggo un libro che vorrei che tutti gli italiani leggessero (giuro, non ho nessuna percentuale né dall'editore né dall'autore). Il libro è Gaia. Viaggio nel cuore d'Italia del geologoMario Tozzi, edito da Rai Eri Rizzoli nel 2004. E' un viaggio alla scoperta del territorio italiano, che propone un modo più sensato e naturale di interagire con l'ambiente. Riporto di seguito alcune pagine dal libro di Tozzi (precisamente le pagine da 273 a 278), in cui l'autore fa un piccolo sommario dell'impatto ambientale di ciò che quotidianamente gettiamo via come immondizia. Se questa mia citazione servisse a far sì che chi legge non gettasse più da oggi in poi i bastoncini per la pulizia delle orecchie nella tazza del gabinetto, mi riterrei almeno in parte soddisfatto...

Tutto si trasforma

(...) nessun luogo al mondo è immune dall'immondizia degli uomini moderni. The Economist ha pubblicato di recente i risultati di una ricerca britannica che ha esaminato al proposito le isolette del territorio di Pitcairn, alcune deserte, altre con qualche decina di abitanti al massimo, a circa 9000 chilometri a oriente dell'Australia, in mezzo all'Oceano Pacifico. La piccola isola deserta di Ducie - circa 4 chilometri quadrati - ha restituito quasi un migliaio di oggetti, tra cui accendisigari, zerbini, insalatiere, soldatini, bottiglie, tubi e giocattoli in plastica, tappi di bottiglia, salvagente, barattoli di vetro e metallo, scarpe, guanti, flaconi di medicinali, pneumatici, corde; oltre a circa 300 oggetti di plastica di cui non è stato possibile identificare la funzione.
Ho condotto artigianalmente un'analoga ricerca su una delle spiagge più belle e più vaste del litorale laziale, quella di Sabaudia (in provincia di Latina) prendendo però in esame solo un fazzoletto di sabbia di 100 x 20 metri di lato, appena prima dell'estate e della canonica ripulitura stagionale. Del resto il paragone è con un'isola che non è mai stata ripulita. Ho trovato:
  • 2 boe di plastica scolorite (be', su una spiaggia...)
  • 23 bottiglie di plastica fra chiare e scure, spigolose o tondeggianti
  • 6 bottiglie di vetro trasparenti e verde scuro (senza messaggi)
  • 3 contenitori in polistirolo bianco (frammenti)
  • 2 pannolini quasi irriconoscibili (apparentemente già usati)
  • 11 barattoli di metallo tipo conserva
  • 6 vasetti in vetro senza coperchio
  • 33 buste di plastica di varia dimensione e struttura (specie con la scritta «non gettare nell'ambiente»)
  • 9 lattine di alluminio deformate, schiacciate e decolorate
  • 4 carte telefoniche sbiadite (ma intere)
  • 2 scarpe spaiate
  • 1 ciabatta rotta
  • 3 fermalattine
  • 1 guanto in tessuto non definibile
  • frammenti e pezzi di legno di varia foggia e natura
  • pagine di quotidiani e settimanali
  • corde e spaghi
  • fili di nylon
  • frammenti di reti da pesca
  • galleggianti rotti
  • noccioli di pesca, albicocca e oliva (di Gaeta, direi) lisciviati dal mare
  • innumerevoli cicche di sigaretta
  • altri rifiuti organici di varia natura.
[bastoncini per la pulizia delle orecchie]
Se proprio dovete usarli, almeno
non buttateli nella tazza del gabinetto.
Il ritrovamento più clamoroso e significativo però non ho potuto quantificarlo per via dell'impossibilità pratica di un conteggio neppure approssimato. Dove la spiaggia si trasforma in duna si riesce a osservare, in spaccato, la sabbia che e letteralmente crivellata di tubicini di plastica: decine, se non centinaia, di bastoncini nettaorecchie multicolori (ma soprattutto azzurri) accumulati da vecchie mareggiate che li hanno quasi fissati nelle lamine di sabbia. E persino il segno dell'alta marea, cioè il contorno ancora umido dell'onda, è contrappuntato da decine di bastoncini che ne ridisegnano l'andamento sinuoso. Il bastoncino nettaorecchie è il simbolo per eccellenza di una società usa e getta che non sa riciclare e che inquina: esistono in commercio analoghi bastoncini in amido di mais che sono completamente solubili in acqua e che restano invenduti, mentre si continua a gettare quelli di plastica negli scarichi, che poi lo riversano in mare senza che nessuno si preoccupi di recuperarli. Un bastoncino nettaorecchie resiste al sole, al mare e al vento ed è in grado di superare un oceano fluttuando come un tronco in miniatura, però immarcescibile, incorruttibile, tremendamente inquinante. Tutto questo per eliminare un po' di cerume: siamo sicuri che non ci siano altri metodi?
In mare un torsolo di mela si deteriora in un paio di mesi, ma a terra resiste fino a 6; un quotidiano o una rivista possono durare quasi un mese e mezzo in mare contro i 10mesi a terra. Una lattina di alluminio resiste per 1 o 2 secoli, mentre una sigaretta può reggere circa un anno in mare e 2 a terra; niente rispetto a una bottiglia di plastica, che dura mezzo millennio in mare e quasi il doppio a terra. Il massimo di sopravvivenza è però raggiunto dai contenitori di vetro che - in mare o sulla terra non fa differenza - hanno un tempo di residenza in pratica infinito, cioè non si deteriorano mai. Prima dell'uomo la Terra non aveva mai conosciuto un animale in grado di produrre oggetti che altri organismi non riescono a decomporre.
[...] continua